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L’Urlo

Con una pandemia in corso e una serie di lockdown imposti nelle regioni italiane, in Europa e nel mondo, Alberto Tadiello decide di lavorare al nucleo della sua mostra personale in galleria a Vienna autoimponendosi di utilizzare, sia in termini materiali che concettuali, quello che già si trovava nel suo studio di Belluno. MALACLIPTICOPTIROSI presenta lavori scultorei e disegni, opere tanto asciutte quanto precise, come le definisce l’artista in una e-mail che mi invia per raccontarmi il processo che sta seguendo.

Mi spiega anche l’origine del titolo della mostra, MALACLIPTICOPTIROSI, molte consonanti preceduti da “mala” non promettono nulla di buono, e la parola si rivela infatti un incantesimo, o dovrei dire maledizione, pronunciato dal Mago Merlino al culmine di una battaglia di magia con la Maga Magò nel film animato La spada nella roccia (1963). Merlino si rimpicciolisce di statura per combattere a colpi di bacchetta magica l’avversaria, fino a farsi microscopico come un germe, che attacca il corpo di Magò, che capitola a letto, ammalata. Se Magò fosse nel 2021 forse risponderebbe a Merlino con un controincantesimo in forma di vaccino.

La data della mostra è stata posticipata, Alberto mi aggiorna mandandomi alcune immagini e video dei lavori che ha sviluppato, altre opere, a cui aveva accennato settimane fa non sono più contemplate. La mostra si sta scarnificando ma al tempo stesso articolandosi su dei punti cardine plastico-scultorei e dei movimenti dinamici, accennati o reali, che catturano i sensi degli spettatori.

Blind#1 e Blind#2 sono due sculture a muro semoventi che “riverberano luci e suoni” e che si articolano come “sistemi nervosi elementari”; se vogliamo antropomofizzarle, hanno teste con occhi, naso e bocca. La mia memoria fotografica associa le nuove sculture di Alberto Tadiello chiamate Blind (ossia Accecate, come i LED che le animano), agli occhi-sopracciglia del robot protagonista dell’animazione Wall-E (2008). Wall-E è l’acronimo di Waste Allocation Load Lifter: Earth-Class (Alza rifiuti dedicato: pulizie terrestri, traduzione mia), il nostro antieroe, è rimasto solo in un mondo futuro fatto di spazzatura e di assenza di umani e passa le giornate salvando oggetti, ormai senza funzione, ma che lui trova speciali e rianima, tra montagne di scarti elettronici. I rumori metallici che Wall-E emette per comunicare sono paragonabili ai suoni che, mi spiega Alberto, sono campionature sincopate di registrazioni effettuate in prossimità dei richiami delle raganelle, delle piccole rane, per chi di voi non è molto avvezzo alla campagna.

Tadiello mi parla del suo orizzonte artistico di riferimento per questa mostra come di un “paesaggio estetico scarno, slavato e stralunato”; mi immagino l’artista come un viandante che procede in valli desolate, innevate, che sa adattarsi e sfruttare al massimo il poco equipaggiamento a disposizione. Mi scrive poi una cosa un po’ spiazzante: che nelle sue intenzioni ciò che accomuna le opere in questione è un centro vuoto, cavo. Io invece leggo una cura e un’ostinazione combattiva nella rotondità degli oggetti elettrici e anche nei pannelli incisi, che mi paiono urlare, vorticare e infine bruciare. Sono attivati dall’assenza anzichè esserne spenti o sconfitti.

Ossicodone è il titolo, che rimanda a un oppiaceo, un farmaco contro il dolore che può dare dipendenza, di una serie di tre pannelli di truciolare pressato a cui l’artista applica un movimento rotatorio ossessivo, uno scavo, un’incisione. Il gesto meccanico libera o trattiene volti, come la genesi di un’animazione che potrebbe placarsi o all’opposto perdere il controllo e andare fuori asse. La superficie urla, annerita dai cerchi che brulicano tanto da trasformarsi in vortici, gorghi, buchi neri.

 

Caterina Riva, L’urlo, MALACLIPTICOPTIROSI, Vienna 2021. (catalogo della mostra)